Qualora il regolamento condominiale ne vieti l’utilizzo, non è possibile istituire un asilo nido, uno studio medico o una scuola all’interno dell’edificio condominiale. Il regolamento, redatto dal costruttore, può limitare la proprietà privata, vietando determinate attività all’interno dell’edificio. Solo il regolamento di natura contrattuale può quindi limitare la sfera di proprietà dei singoli condòmini.
L’assemblea condominiale, invece, non ha il potere di prendere decisioni in materia di limitazioni d’uso, a meno che tutti i condòmini non siano d’accordo (e non solo quelli presenti all’assemblea). Questo è quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza 21307/2016.
Il regolamento può vietare non solo l’uso delle unità abitative per attività diverse da quella per cui sono state acquistate, ma può anche limitare esplicitamente certe attività (come ad esempio un asilo nido, una scuola di musica o di danza). Pertanto, se si acquista un’unità ad uso ufficio, non è possibile trasformarla in un’attività educativa o commerciale se questo è vietato dal regolamento condominiale.
La Corte di Appello di Milano, nella sentenza n. 3709 del 31 luglio 2018, ha confermato la piena legittimità del regolamento condominiale.
In un periodo storico in cui sono sempre più diffusi gli appartamenti acquistati per essere affittati su Airbnb o come B&B, il regolamento condominiale sta assumendo un’importanza sempre maggiore. Tuttavia, essendo questi business di recente formazione, raramente sono previsti nei regolamenti condominiali. In tali casi, l’assemblea non può aggiungere divieti ai nuovi limiti d’uso poiché manca l’unanimità.
Anche l’ipotesi di proporre il pagamento di una quota aggiuntiva per le spese condominiali non è fattibile. Infatti, come stabilito dall’articolo 1123 del Codice Civile, gli oneri condominiali si ripartiscono per millesimi di proprietà, a meno che non vi sia una convenzione fra tutti i condòmini che disponga diversamente. In ogni caso, il consenso di tutti i condòmini è imprescindibile.